Ciao, stai per leggere il nuovo post dei Quadernetti per la rubrica Tascabile.
Una raccolta dei miei racconti, scritti a partire da un ricordo, un’intuizione, un malinteso, un frammento di conversazione. Le foto supportano i testi, e spesso arrivano dove le parole si siedono a guardare.
I Quadernetti di oggi vi portano in viaggio con un racconto breve, concepito tra i banchi della palestra letteraria Gymnasion di Itaca Colonia Creativa, che ha riaperto i battenti a settembre, più in forma che mai.
La consegna diceva: cerca di ricordare quella volta in cui ti è capitato di perderti, che hai camminato a lungo chiedendoti se fosse la strada giusta. Quali sensazioni hai provato in mezzo all’ignoto? A cosa hanno prestato attenzione i tuoi occhi? E le tue orecchie? Cogli gli input, registrali e usali come elementi spazio-emotivi di un racconto o di una scena.
A questa chiamata ho risposto con una breve incursione nel territorio preferito della mia infanzia: il campeggio Isamar, di Isola Verde, e ho condito i ricordi di quelle strade e i loro profumi con una buona dose di fantasia.
Buona lettura!
Quello che segue è un racconto di finzione.
Missing Isamar
Gli aghi dei pini marittimi scoppiettano sotto le ruote della mia Cinzia, che faccio correre veloce in cerca di aiuto. Sono Carlotta Brunori, ho sette anni e abito in via Togliatti numero 7, a Mezzocolle in provincia di Padova. Devo tenere l’indirizzo bene a mente, nel caso in cui non riuscissi a tornare a casa.
È stata tutta colpa di Katia, se siamo venuti al campeggio di Isola Verde.
Katia è la mia baby sitter e siccome non si poteva permettere una vacanza col fidanzato, si è proposta di portarmi un po’ al mare, che lo iodio rinvigorisce i polmoni, ha detto ai miei genitori. Adesso è in veranda con il suo Nereo, un ometto alto come una pila di vestiti sporchi e con un sorriso dai denti così storti che sembra glieli abbiano lanciati in bocca con la fionda. È colpa loro, e delle loro rumorose smancerie, se io mi sono persa. Non ne potevo più di sentirli e il walkman di Beppe, mio fratello, aveva le batterie scariche. Lui pure è in giro con qualche ragazzina dalla voce stridula e il profumo di caramella, quindi non avevo altri alleati che la mia bicicletta. Sono uscita di nascosto e ho cercato la tenda di Lauren, l’amichetta inglese con i baffi biondi e l’accento da principessa. Pedalavo cantando la sua canzone preferita - dont uorri bi heppi - quando mi sono accorta di non sapere dove fosse. E ora si è fatto tardi e filo come un razzo per i viali del Campeggio Isamar cercando la nostra veranda. Era arancione o gialla? Potrebbe essere un bel problema non ricordarlo perché metà delle tende sono arancioni e l’altra metà è gialla, che, a sentire la mamma, sono i colori che vanno di moda in riviera quest’anno. Ci sono anche pochissime tende tinta militare che, a sentire mio papà, appartengono a quei sozzoni dei tedeschi.
Intanto pedalo, e dai profumi di grigliata che mi arrivano come schiaffi, mi accorgo che è la terza volta che passo accanto alle cucine collettive; è ora di cena, ho fame e sta facendo buio. Tra poco arriverà l’odore dei bagnoschiuma della zona docce, e se vado a destra verso la siepe delle piscine, sentirò ancora il rumore delle sdraio trascinate dai bagnini; potrei chiedere a loro, e dirgli di chiamare Katia con i megafoni e farmi venire a prendere, ma sarebbe una ramanzina sicura. Vedo gente arrivare dalla spiaggia, gli vado incontro attraverso il campo di pigne. Magari tra loro c’è Beppe. Ma non c’è. Torno indietro e scopro di essermi persa di nuovo. Non riconosco questo sentiero, e in più ho una ruota sgonfia. Pigne maledette! Decido per un viale che sa di citronella, Autan e Minestra Primavera Knorr. Sfreccio dietro al furgoncino del trattamento antizanzare e la nuvoletta di fumo mi fa tossire così forte che mi devo fermare.
«Carlotta !», mi chiamano.
«Carlotta !», ripetono. Gli occhi mi bruciano e non riesco a inquadrare la figura che mi sta parlando, ma so dalla voce che è femmina e avrà circa l’età di Beppe.
«Carlotta , stai facendo un giro?» chiede la ragazza, che ora riconosco.
«Non ti sarai mica persa?» Insiste. Ed ecco che un’idea geniale viene in mio soccorso, facendomi intravedere la possibilità di salvarmi:
«Stavo cercando mio fratello, l’hai visto?» la interrogo, già sapendo che sarebbe disposta a dare una ciocca dei suoi lunghissimi capelli biondi per un solo minuto con lui.
«L’ho incontrato prima ai bagni, gli ho prestato lo shampoo!» risponde con una felicità quasi contagiosa.
«E ti andrebbe di venire con me a riprenderlo?». Colpita! Mi osserva come se le avessi appena regalato un abbonamento a Top Girl.
«Assolutamente!» dice il confettino parlante.
E così torno alla mia tenda, dove Katia sta pomiciando con il buttero e mio fratello sta pomiciando con una ragazza che è la copia in versione castano scuro di quella che mi ha accompagnata a casa.
Fine.
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Travelgram: fotografie, aneddoti, racconti di viaggio. Lungi da una vita instagrammabile all'ombra delle palme ma con la buonagrazia di chi sa che dietro il romanticismo delle cartoline c’è sempre un’implicita, scomoda, dichiarazione: noi qui, voi lì, noi sì, voi no.
In ogni caso, grazie per essere qui tra queste pagine a me tanto care.