Fun fact: questo è un altro esercizio di scrittura svolto durante il periodo di militanza alla Scuola Holden . Il corso si chiamava “Il racconto, in tutti i sensi”, era tenuto da Francesca Manfredi e lo scopo era quello di imparare ad affinare i cinque sensi, a scrivere di loro, e a utilizzarli per comporre racconti brevi.
La consegna era la seguente:
Scrivere un racconto di due/tre cartelle in cui si possa intuire un'attenzione (ossessione) verso un senso in particolare (non un esercizio di stile: piuttosto una linea sensoriale che corra lungo il racconto e che lasci un senso come predominante). Scegliere un senso che sia tematico: che sia collegato alla storia, che rifletta o abbia connessioni con il suo tema.
In questo caso ho scelto di ossessionarmi al senso della vista, il racconto “Mirador” ne è il risultato.
Buona lettura!
Dedico questo scritto a:
Giulia P., con la quale sarà sempre una gioia guardare tutti i tramonti del mondo.
Frensi, Giulia G., Frenz e Mod, con il quale condivido l’amore per quel posto incantevole chiamato Guatemala.
Lencho, quintessenza guatemalteca, pura vita.
A tutte le donne che camminano fiere, con lo sguardo rivolto all’orizzonte, la mia amica Elena in testa a tutte.
Mirador
Tempo di lettura: 3 minuti
Soundtrack consigliata per la lettura: Nuovole bianche - by Ludovico Einaudi.
Non conosco il nome della donna con cui divido il terrazzo alla Posada Mirador, ma so che prima del calare del sole diventeremo amiche. Lo so perché l’ho osservata a lungo nelle ultime ore e, frugando nel suo sguardo, ho intuito le affinità che ci legano. Anche lei sa che non è semplice arrivare fino a qui, non per la fatica del viaggio in sé, né per le peripezie, tipiche di queste latitudini. La verità è che, in posti come questi, per quanto uno si sforzi di guardare rischia di non vedere proprio nulla. Il Guatemala è come un bambino capriccioso che si sbraccia per attirare l’attenzione e si nasconde dopo averla ottenuta. È lui a decidere quando far cadere la corazza, e se sarai pronto ti prenderà per mano e camminerà con te verso l’orizzonte. Anche quella donna lo sa, che questo paese ti spoglia di ogni certezza, ti veste di colori vivaci e ti schiaffeggia con i suoi luminosi contrasti. Sa che è capace di puntare i riflettori sulla pelle bianca dello straniero e gettare nell’ombra il suo infelice passato. In Guatemala la gente può arrivare ad amare più intensamente che altrove, ma ci vuole comprensione e pazienza. Da quando siamo salite sull’autobus diretto a Frontera Corozal i miei occhi non hanno smesso di seguirla. Ho visto il modo in cui parlava all’ubriaco alla stazione; non mi è sfuggita la naturalezza con cui si è tolta la borraccia d’acqua dalle spalle e gliel’ha messa tra le mani, liberandole dalla bottiglia di cusha per berne un sorso. Ho visto come guardava con disprezzo quei turisti che si facevano lustrare le scarpe da un giovane, a cui lanciavano monetine come si getterebbero le briciole ai piccioni. Ho visto il sorriso con cui contemplava il vecchio barcaiolo dalle spalle curve e il profilo da gitano. Ho visto la beatitudine con cui partecipava alla sfilata delle mangrovie, appisolate sotto una trapunta di densa foschia. Ho visto come rideva anche quando, arrivati alla sponda guatemalteca, sembrava che qualcuno avesse preso i due lembi del fiume e li avesse trascinati indietro di mezzo chilometro, in modo che scendendo ci fosse tutto il tempo per imprecare nella fanghiglia. Quella risata mi ha contagiata e ho deciso di indossarla finché non andrò a parlarle. Nel frattempo rimango in silenzio accanto a lei nel terrazzo del Mirador, a contemplare il miracolo di questo santuario naturale. Ed è qui, al tramonto, che tutto appare chiaramente: il placido lago, sorvegliato da tre isolotti immobili, in cui l’ultima luce penetra nella fitta vegetazione; la bruma sottile che si solleva in alto, fondendosi con le nuvole dorate; il pontile dell’imbarcadero che attende la sera, sicuro di poter godere del fresco abbraccio del Petèn Itzà per il resto dei propri giorni. Noi invece, che possiamo goderne solo per poche ore, non ce la sentiamo di abbassare lo sguardo e allunghiamo le teste per accogliere il mistero della notte che incombe. Mi accorgo che anche lei ha gli occhi lucidi, ed è questo il momento di alzarmi e dirle che finché ci saranno persone capaci di commuoversi per un tramonto, varrà la pena guardare l’orizzonte.
Una citazione e un consiglio letterario
Mi chiamo Rigoberta Menchú (Giunti Editore)
Per la prima volta una donna guatemalteca di etnia Quichè, Rigoberta Menchú, racconta la propria storia, che è quella di una civiltà vittima di oppressione militare e sfruttamento. Vincitrice del premio Nobel per la pace nel ‘93, Rigoberta Menchú è portavoce di un popolo che, nonostante soprusi e oppressione, non china mai la testa.
«Nella mia vicenda personale è racchiusa la condizione di tutto un popolo».
Credo che almeno una volta nella vita sia doveroso leggere questo libro, perchè dalla storia non si è mai finito di imparare. Frase già sentita? A giudicare dai fatti, dovremo insistere e ripeterla con più entusiasmo.
Suggerimento #2
C’è un fotografo eccezionale, Daniele Volpe, che da anni documenta le conseguenze del genocidio compiuto negli anni ottanta dall’esercito del Guatemala contro i nativi maya della regione Ixil.
“Le cicatrici delle torture, dei rapimenti, degli stupri e degli spostamenti forzati subiti dal popolo maya sono ancora visibili nella società guatemalteca”
dice Volpe.
Consiglio un giro nel suo sito internet, basta cliccare il bottone qui sotto.
Sezione a sorpresa - Pranzo in spiaggia
C’è una rubrica, all’interno del settimanale “Internazionale”, che da anni contribuisce al mio buon’umore. Si tratta delle Regole.
Visto che siamo passati dall’inverno all’estate senza avere il tempo di tirare giù il bavero del paltò, ripropongo “Pranzo in spiaggia” dal numero 1364 del 26 giugno 2020:
Non importa cosa prepari, l’ingrediente principale sarà la sabbia.
Il pranzo del vicino di ombrellone è sempre più buono del tuo.
Se il pasto prevede le posate, hai esagerato.
Nel dubbio: più frutta, meno pane.
La birra nel bicchiere di plastica è un crimine contro l’umanità
PS: ricordate di tenervi ben idratati, non uscite nelle ore più calde e non fate il bagno prima di due ore e mezza dai pasti. Studio Aperto vi vede che vi rinfrescate con l’acqua delle fontane pubbliche!
Grazie per essere arrivat* fino a qui. Mi piacerebbe ricambiare tanta cortesia con degli scritti che riescono a suscitare emozioni, riflessioni, che muovono qualcosa dall’interno. Fammi sapere con un messaggio, un commento, una mail, se sono sulla strada giusta. Se ti senti in vena di buone azioni puoi anche condividere questo blog servendoti del link qui sotto.
Grazie,
Martina