Ciao, stai per leggere il nuovo post dei Quadernetti per la rubrica Tascabile. Una raccolta dei miei racconti, scritti a partire da un ricordo, un’intuizione, un malinteso, un frammento di conversazione. Le foto supportano i testi, e spesso arrivano dove le parole si siedono a guardare.
A conclusione di questa newsletter, dopo il racconto di Tascabile, troverete delle novità importanti che vorrei condividere con voi, amatissimo popolo dei Quadernetti!
Premessa
Itaca Colonia Creativa
Questa settimana si è concluso il primo ciclo di incontri della palestra letteraria promossa da Itaca Colonia Creativa, a cui mi sono unita a inizio anno. L’entusiasmo propagato in pochi mesi di frequenza ha spinto alcuni di voi a chiedermi maggiori informazioni. Quello che posso fare, oltre a indirizzarvi al loro domicilio internet, è mostrarvi uno scorcio del lavoro svolto il mese scorso.
Ma prima vorrei fare un passo indietro e chiederci: perché scriviamo?
Diamo per scontato che chi bazzica gli ambienti letterari, dai gruppi di scrittura e lettura, ai corsi e master di narrativa o editoria, siano tutti degli aspiranti scrittori. Nella mia esperienza invece ho notato che molti dei compagni e delle compagne, incontrati in queste sedi, sono persone che nella vita fanno tutt’altro. Il comune denominatore che li porta in certe lande creative è la spinta di un qualcosa di forte che preme per essere scritto nero su bianco: emozioni, utopie, sentimenti, stralci di vite vissute, sogni impossibili e racconti onirici.
Perché frequentare una palestra letteraria?
Perché scrivere è una questione di esercizio. La palestra serve ad allenare i muscoli della mente e, così facendo, alimenta un circolo virtuoso di scambio di idee tra professionisti e amatori.
E nella pratica, che si fa al Gymnasion?
Si gioca e ci si mette in gioco attraverso esercizi mirati, ogni mese con un tema diverso e differenti proposte per svilupparlo.
Per farvela facile, di seguito trovate uno dei tre esercizi proposti per il Gymnasion di Aprile.
Gymnasion - Aprile - Esercizio: per le gambe
Tema: il narratore. Il narratore permette la focalizzazione, o meglio suggerisce al lettore il punto di vista dal quale guardare le cose. Attenzione: non va confuso con il protagonista (…) è a tutti gli effetti una funzione narrativa perché offre la prospettiva, ma è sempre anche un personaggio e come tale va trattato.
Consegna: Ti piace il parco?, vai al parco. Ami il traffico, fermati al semaforo. Scegli il tuo luogo e guardati attorno: chi come te sta osservando la scena? Un anziano sulla panchina, un bambino alla finestra, un piccione, il cane del vicino? Scegli il tuo narratore e fagli raccontare ciò che accade. Poco importa se la scena è di scarso valore: cura la voce del tuo narratore e il suo sguardo sulle cose. Rendilo unico.
Svolgimento: sono andata al parco vicino casa, il Welland Park, e mi sono guardata attorno fino a trovare il soggetto perfetto per i miei scopi: un ragazzo di origini indiane, in compagnia di una ragazza della stessa nazionalità. Il contesto si prestava ad un buon esercizio di osservazione: una panchina di fronte a loro, abbastanza vicina da poterli vedere ma abbastanza disturbata da una macchina tagliaerba da non riuscire a sentire tutta la conversazione. In questo modo ho potuto giocare di fantasia con il linguaggio non verbale. A guardarli bene, l’atteggiamento e la postura del ragazzo si traducevano in quel cocktail di distacco, adorazione e imbarazzo tipico del primo appuntamento. Il racconto fiction che vi riporto di seguito è il risultato della mia spedizione al parco e di una fervida immaginazione.
Buona lettura!
Cartoline dal Gujarat
Soundtrack consigliata: Hot 8 Brass Band - 'Sexual Healing

‹Stavolta deve essere quella giusta›. Aveva giurato Amal a se stesso.
L’ultimo incontro era andato da cani, niente convenevoli e dritti al sodo senza preliminari. Amal si era sentito umiliato dalla freddezza di quell’accoppiamento animale. Le persone con cui si trova ad interagire ultimamente credono che basti essere iscritti a Tinder per non volere niente di diverso dalla fuggevolezza di una notte tra sconosciuti e aspiranti tali. Da alcune settimane non vede altro che pezzi di donne ovunque: primi piani di cosce, di seni, di nasi, di bocche, di occhi; un campionario di frammenti, carne per macellai, fruibili direttamente dal suo sgarrupato Huawei. Lei, invece, aveva una foto profilo comune, indossava vestiti comuni e aveva un viso comune incorniciato da uno sfondo comune. Quella mediocrità l’aveva confortato e aveva deciso che si sarebbero visti a Welland Park. Non voleva chiederle di trovarsi a casa di uno o dell’altra, e lei non l’aveva chiesto. Binta, il suo nome. Origini indiane come lui, stessa pelle color caramello, stesse labbra carnose, stessi denti bianchi e dritti, stesso naso largo.
Al parco c’è un rumore infernale, un tagliaerba di stagioni migliori insiste col passare ripetutamente sullo stesso quadrato di verde, proprio di fianco alla panchina che lui ha scelto per l’occasione. Lei ha una voce bassa che gli ricorda quella di nonna Chandani, che parlava con la flemma di chi non ha altro da fare che girare le parole in bocca. Quella di Binta è più sottile e impercettibile, o forse è troppo chiassoso quel maledetto rottame. Amal si distrae facilmente, non vuole dirle di ripetere né vuole che lei si trovi ad alzare il tono. Il suo sguardo plana prima sugli alberi intorno e poi stringe il campo su un’aiuola di terra mossa da poco, fresca e scura. Un pallone gli passa accanto mentre una voce roca e senile gli chiede:
«Scusa, hai da accendere?», chiede il giardiniere, urlando per farsi sentire.
Amal non si è nemmeno accorto di essersi messo a fumare, e così gli appoggia l’accendino in mano senza dire una parola. La sorpresa gli fa tornare l’attenzione su Binta e lo sguardo si dirige verso di lei, che nel frattempo non ha smesso di parlare. Scopre così che sta dicendo qualcosa di davvero interessante sulle sculture del Gujarat e allora prova a mostrare interesse, si avvicina per sentirla meglio ma il ronzio del catafalco insiste alle loro spalle mentre il vecchio giardiniere impreca, con la sua sigaretta tra i denti.
«Non è che ti va di andare in un posto più tranquillo?». La voce stavolta è quella di Binta, forte, spavalda, inaspettata.
Amal non crede alle sue orecchie e l’espressione di stupore che gli si stampa in fronte spinge la ragazza a continuare:
«Vuoi venire da me a vedere le foto del Gujarat?», lui la guarda, con la sigaretta sospesa per aria, e vede spuntare un sorriso perfetto in quella faccia che fino a poco prima reputava ordinaria e che ora vede accendersi a festa, luminosa e delicata, con quelle labbra da baciare, che gli sembrano già familiari.
«Magari un’altra volta.». Le parole gli escono di getto, senza avere prima il tempo di passare attraverso i filtri del cervello.
Forse è così che doveva andare, pensa. Forse è così che fa la gente che un bel giorno si sveglia e si trova da sola, vecchia, calva e sovrappeso, con un gatto dispettoso come unica compagnia e una cartolina dal Gujarat appesa al frigo.
Fine.
Non scappare! Ci sono ancora due grosse grosse novità!
Il grande libro dei Quadernetti
Per celebrare un anno di vita di questo spazio virtuale a me tanto caro, ho redatto quello che all’inizio appariva come una corposa raccolta di articoli dei mesi precedenti, e che alla fine è diventato un vero e proprio libro! Proseguite la lettura per sapere di più su come averlo.
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